martedì 6 marzo 2018

Giampaolo Pansa: “La tomba del bullo”



Giampaolo Pansa per la Verità) – Volete una prova regina, nel senso di indiscutibile, della batosta subita da Matteo Renzi?
Una sconfitta tanto pesante da rendere impossibile che resti al potere sia pure di un Partito democratico con le pezze al culo? Se la cercate, vi può aiutare il sottoscritto, quel rompiscatole di Giampaolo Pansa, che ogni settimana confeziona il suo velenoso Bestiario.
Cercate La Stampa di ieri, lunedì 5 marzo. e andate a pagina 11. C’ è una grande foto del Bullo, scattata mentre si recava a votare nel suo seggio al Liceo classico Machiavelli in via Santo Spirito, a Firenze. In quell’immagine il Bullo ha l’ aspetto di un bandito di strada appena catturato. La faccia gonfia. La capigliatura in disordine. Lo sguardo impaurito. L’occhiata rivolta verso un personaggio che non si intravvede, forse il poliziotto che lo ha arrestato.
Alle spalle del Bullo ci sono due donne che sorridono con aria furbastra. Saranno le due carabiniere che, senza divisa e in abito simulato, hanno collaborato a mandare al gabbio un criminale. Avete scrutato con attenzione la foto? Bene, adesso riflettete sul quotidiano che l’ ha offerta ai propri lettori. La Stampa è diretta da Maurizio Molinari, un giornalista di valore, ma difficile da classificare. C’è stato un momento nel quale il sottoscritto ha pensato che il numero uno della Busiarda, in piemontese significa Bugiarda, fosse un tifoso di Renzi e del renzismo. Mi sbagliavo?..

Chi lo sa. Ma oggi di certo non lo è più. Gli eventi elettorali del 4 marzo forse gli hanno fatto cambiare bandiera. Sono un vecchio cronista e la carta stampata non mi stupisce. E la fotografia che vi ho descritto mi conferma che nulla al mondo è più evanescente delle simpatie dei giornali.
Comunque sia, a me Renzi non è mai piaciuto. Rivendico la paternità del soprannome che lo dipinge meglio di qualsiasi altro: il Bullo oppure il Super Bullo. Ho cominciato a chiamarlo così quando ha fottuto un politico per bene come Enrico Letta. Era il 2013, se non sbaglio. Letta era il premier democratico. Quando il Bullo venne eletto segretario del Pd, si mostrò in televisione accanto a Letta e pronunciò tre parole destinate a imprimersi nella memoria di molti italiani: «Enrico stai sereno!». E appena due mesi dopo lo pugnalò alla schiena e prese il suo posto da capo del governo.
Pensai: «Questo Renzi è un vero bandito. Farà polpette di chi non si inginocchia davanti a lui». Non sbagliavo. Infatti il Bullo cominciò subito a distribuire etichette malvagie ai politici e ai giornalisti che non tessevano le sue lodi. Di colpo, diventammo tutti gufi, ossia menagrami. Oppure una schiera di rosiconi che si mordevano le mani e non intendevano fare i paraculi al servizio del grande presidente del Consiglio.
Ma il Bullo era davvero un grande premier? Penso proprio di no. Quando cominciò a distribuire gli 80 euro al mese un po’ a tutti, mi tornò in mente Achille Lauro. Era un politico napoletano del primo dopoguerra, miliardario, monarchico e donnaiolo senza freni. Per scovare dei voti offriva a tutti una scarpa sinistra, dicendo: «Se mi voterete e mi farete eleggere, vi consegnerò la scarpa destra!». Però almeno lui pagava le scarpe con il proprio portafogli, e non con i soldi dello Stato, ossia con i nostri risparmi.
Che cosa ci lascia in eredità il Bullo? Poco o niente. Voleva abolire il Senato e adesso si è candidato a Palazzo Madama.
Voleva trasformare le banche italiane e si è invischiato nel disastro di Banca Etruria. Qui si è imbattuto nella più bella del reame, la magica Maria Elena Boschi che l’ ha mandato a terra con un colpo d’ anca. Voleva trasformare il Pd in un partito personale, imitando il francese Emmanuel Macron, e si è trovato alle prese con la scissione guidata da un Pier Luigi Bersani ormai al limite del pensionamento.
Si è inventato una riforma del lavoro, ma ha messo fuori gioco i sindacati, dimostrando di non aver capito che in Italia chi sottovalutata la Cgil, la Cisl e la Uil condanna sé stesso a una brutta morte. Infine ha scelto di circondarsi di un plotone di fedelissimi e a questo punto ha mostrato tutta la sua debolezza.
Il famoso Giglio magico si è rivelato un povero clan di serventi debolissimi. Volete dei nomi? Eccoli. Il prode Luca Lotti, nominato ministro dello Sport in quanto tifoso della Fiorentina. Un tal Lorenzo Guerini, messo di guardia alla sede democratica del Nazareno. Il povero Maurizio Martina, ministro dell’ Agricoltura, notevole per il volto scarno e dolorante come quello di un Cristo in croce. Infine l’ unica vera potenza, la seducente Maria Elena. Lei sarà l’ unica a rimanere in piedi, soprattutto adesso che, grazie all’ esilio protettivo in Alto Adige, ha imparato il tedesco.
E non è escluso che a prenderla in nota sia la gigantesca Angela Merkel teutonica. Le farebbe comodo una ragazzona dotata di un sex appeal senza rivali, tanto in Germania che in Italia. Infine per dirla tutta, le vere ragioni della catastrofe renzista sono soprattutto due. Le ricordo a beneficio dei politicanti che tenteranno di prendere il posto del Bullo. La prima è l’ immigrazione selvaggia di migliaia di neri che dall’ Africa subsahariana sono approdati in Italia. Li troviamo dappertutto.
Fanno la bella vita in centinaia di hotel molto comodi, come minimo di tre stelle.
Campano a spese nostre, senza battere un chiodo. Sono in gran parte maschi, ben pasciuti e ben nutriti. Li vediamo agli ingressi di tutti i supermarket, mentre giocano con telefonini di ultima generazione. Chiedono soldi e infastidiscono le nostre donne.
La seconda è la sensazione che i nostri risparmi non siano più al sicuro nelle banche italiane. L’ effetto di questa incertezza si è rivelato drammatico per quel che resta del Partito democratico e soprattutto del suo leader ormai sui margini di un abisso: l’ irrilevanza politica, la disistima generale, l’ irrisione che suscita nel popolo, tanto invocato dal bullismo ormai in agonia. Il regime renziano, ossia il renzismo, doveva durare qualche decennio. Invece si è dissolto in nemmeno cinque anni.
Concludo con una confessione personale. Il Bullo è appena caduto e già mi manca. Il giornalismo di battaglia, quello che cerco di praticare alla mia veneranda età, ha bisogno di figure da avversare, da bastonare con le parole, da sbeffeggiare con uno stile irridente. Per il sottoscritto, Renzi era il pupazzo adatto, poiché eccitava il lato carogna del mio carattere. Da ragazzo ho letto tre volte il Cuore di De Amicis.
E il mio eroe era Franti, la carogna per eccellenza. Il cattivo in servizio permanente, il ribaldo incrociato con il ribelle. Ma adesso che cosa farò? Dovrò inventarmi un nuovo pupazzo da strapazzare. Tuttavia la scelta non mi mancherà. Fatevi avanti, successori del Bullo. Riceverete il trattamento che meritate. Vi do un consiglio soltanto: state bene attenti a non ripetere certi errori. Come mettere le mani nelle tasche degli italiani.---

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