martedì 12 dicembre 2017

dal blog di Maurizio Blondet - Paolo Sensini: “Gheddafi poteva emettere il Dinaro d’Oro”

La Libia, un Paese nel caos più totale dal futuro tuttora ignoto, si ritrova al centro degli interessi geopolitici delle grandi potenze. L’attuale labirinto libico, dossier strategico per Roma, va letto nella prospettiva della guerra del 2011. L’Italia e il nodo libico.
Per comprendere a fondo il complesso scacchiere libico è fondamentale sapere le ragioni dell’attacco contro la Libia del 2011, accompagnato da un coro mediatico secondo cui Muammar Gheddafi da un giorno all’altro diventò un dittatore pazzo da distruggere. “Libia. Da colonia italiana a colonia globale” è un libro di Paolo Sensini (edito da Jaca Book) che ripercorre la travagliata storia della Libia gettando luce sulle fatidiche “primavere arabe” e sulle vicende che i media mainstream hanno taciuto.
Gli interessi economici dei Paesi occidentali e le immense risorse di petrolio furono le principali cause di quella guerra che segnò l’inizio di un disastro degenerato fino ai giorni nostri. Oggi i riflettori della stampa sono puntati sul dramma dei migranti trattenuti e torturati in Libia, scenario sempre più complesso dove a scontrarsi sono gli interessi dell’Italia e dei suoi “alleati” occidentali. Quali sono le possibili soluzioni della crisi libica? Qual è il ruolo della Russia in questo contesto? Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista Paolo Sensini, storico, analista geopolitico e autore del saggio “Libia. Da colonia italiana a colonia globale”:
— Il dossier libico è di un’importanza cruciale per l’Italia. Paolo, qual è il ruolo di Roma e qual è la posta in gioco in questo scenario?...

— La posta in gioco è molto alta, perché con la guerra del 2011 l’Italia si è giocata il rapporto con il Paese più importante del Nord Africa, fra i più grandi produttori di petrolio dell’intero continente africano. A seguito di quel disastro, causato in primis dai francesi congiuntamente a Gran Bretagna e Stati Uniti è iniziata una catastrofe economica, sociale e politica che si è protratta fino ad oggi. Il Paese è stato lasciato nel completo caos con brandelli di governi che si contendono diverse parti della Libia. Tutto ciò con un afflusso di centinaia di migliaia di persone, forse qualche milione da quando è crollato il Paese nel 2011 verso le coste italiane.
Durante il 2011 avevo già dato un contributo con il libro “Libia 2011” in seguito ad un viaggio che feci con una delegazione internazionale in Libia. Nel 2011 ricorreva il 150-simo anniversario dell’Unità d’Italia e il 100-simo anniversario dell’occupazione italiana delle due province, la Cirenaica e la Tripolitania.

Ho scritto “Libia da colonia italiana a colonia globale” perché mi sembrava fondamentale capire la storia di quel Paese. Oltre all’aspetto storico parlo dello sviluppo e delle componenti religiose in particolare dellaSanusiyya, la branca islamica della Libia molto estremista, per certi versi assimilabile ai wahabiti, perché anche loro sono letteralisti. Proprio loro sono stati i protagonisti della rivolta che i media occidentali ci spacciavano per rivolta democratica. Queste persone in realtà hanno gettato nel più completo caos il Paese. Ho cercato di chiarire questi aspetti che sono poco conosciuti e di entrare nel merito delle vere ragioni che hanno scatenato quel conflitto, in particolare da parte della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e dei Paesi del Golfo. I Paesi del Golfo hanno contribuito non solo con soldi e mezzi, ma anche con l’informazione, pensiamo ad al Arabiya e al Jazeera. Parliamo di una vera info war nei confronti della Libia. Essendo stato lì di persona ho potuto rendermi conto, parlando con le autorità, di ciò che era avvenuto.

— In Libia si scontrano gli interessi di più Paesi, frenando la soluzione della crisi alla fin fine. Qual è il gioco condotto dagli “alleati” dell’Italia?
— A noi era stato raccontato durante quel periodo che si interveniva perché c’erano le fosse comuni, si rievocava un immaginario che sconvolgeva la gente, quindi si giustificava un intervento militare anche dell’Italia. L’Italia è un Paese che nel 2009 firmò un trattato con la Libia con cui c’era un’amicizia e cooperazione. Questo trattato addirittura contemplava l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Libia qualora essa fosse stata attaccata da qualcuno. Poi sappiamo com’è andata, anche l’Italia ha partecipato a bombardarla…

Perché la Francia è intervenuta in quel modo? Le ragioni sono il fulcro del problema. La Libia, in particolare Gheddafi, aveva un grave torto a loro avviso: Gheddafi era l’artefice principale dell’introduzione in Africa del dinaro d’oro, un tentativo cioè di un ridisegno dell’assetto monetario del continente africano. Si introduceva una moneta tangibile che metteva fine al saccheggio delle enormi materie prime africane pagate con carta straccia: gli americani col dollaro e soprattutto i Paesi dell’area del Sahel, ex colonie dell’Impero francese, che contrattavano con il franco CFA, moneta battuta da Parigi. Introdurre quindi il dinaro d’oro minacciava di eliminare il franco e il dollaro.
— Questo ha scatenato uno tsunami, Gheddafi fu indicato come un nemico esistenziale degli asset finanziari africani. Le e-mail diffuse da Wikileaks fra Sidney Blumenthal e la Clinton hanno confermato questo fatto epocale. Seppure Gheddafi pagò la campagna elettorale a Sarkozy nel 2007, la Francia intervenne molto attivamente, la ragione del conflitto fu il desiderio di impossessarsi del petrolio e di scalzare l’Eni sostituendola con la Total. Togliere di mezzo Gheddafi, che era incontrollabile per questi Paesi, era un fatto importante.
— Per quanto riguarda i possibili scenari per la Libia, credi che siano fattibili delle elezioni?
— La vedo molto difficile attualmente perché il quadro politico vede dei rappresentanti come al Serraj, che è un personaggio messo dagli stessi attori che hanno distrutto la Libia, cioè le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza. Chi ha organizzato il bombardamento della Libia sono gli stessi che oggi hanno inserito al Serraj. Dall’altro lato c’è Khalifa Haftar, un personaggio sicuramente più rappresentativo e più forte da un punto di vista militare. Neanche lui gode però di grande popolarità. È una situazione dove c’è un vuoto di potere.
Una soluzione, molto complessa, che potrebbe garantire a mio avviso il futuro della Libia, sarebbe provare a rimettere in gioco Saif al Islam, il figlio di Gheddafi, personaggio ben posizionato prima del crollo, il quale cercò un’apertura con l’Occidente. È stato imprigionato per molto tempo e liberato di recente. È una strada tutta in salita, ma l’unica che potrebbe avere, secondo me, un risultato in una situazione complessissima.
— Qual è il ruolo della Russia in Libia dal punto di vista della partita diplomatica fra Haftar e Serraj?

© SPUTNIK.
— Secondo il mio punto di vista la Russia ha giocato molto bene le sue carte. Ammaestrata dalla vicenda siriana, dove è intervenuta a fine settembre 2015, di fatto salvando un Paese dalla devastazione dei takfiri, sta giocando nel modo più intelligente possibile la sua partita nel Mediterraneo. Con gli accordi fra Haftar e Serraj e il tentativo di mediazione anche con l’Egitto, la Russia sta facendo un’opera molto importante cercando di tenere insieme i pezzi.
Mosca ovviamente fa la propria politica nel Mediterraneo, cerca di mediare delle situazioni, che gli americani avevano esasperato fino al disastro. L’abbiamo visto con le primavere arabe, dobbiamo ringraziare la signora Hillary per questo. Proprio questi giorni Putin ha dichiarato che la Siria è stata quasi integralmente bonificata, l’ISIS è stato quasi tutto debellato salvo qualche sacca. Da una parte vediamo l’importanza dell’intervento russo, d’altro canto vediamo che, pacificatasi la situazione, Israele attraverso i bombardamenti verso la Siria continua a creare una tensione pericolosa....
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Qui  sotto, la mail del 4 aprile 2011   che rivela  l’allarme di Usa e Parigi per  la possibile creazione, da parte di Gheddafi, del “dinaro-oro”.
(Sidney Blumenthal  è un dirigente della Clinton Foundation, amico  e assistente  di Bill e  Hillary.)

FRANCE’S CLIENT & QADDAFI’S GOLD

From: Sidney Blumenthal To: Hillary Clinton Date: 2011-04-02 02:00
Subject: FRANCE’S CLIENT & QADDAFI’S GOLD
UNCLASSIFIED U.S. Department of State Case No. F-2014-20439 Doc No. C05785522 Date: 01/07/2016 RELEASE IN FULL CONFIDENTIAL April 2, 2011 For: Hillary From: Sid Re: France’s client & Qaddafi’s gold 1. A high ranking official on the National Libyan Council states that factions have developed within it. In part this reflects the cultivation by France in particular of clients among the rebels. General Abdelfateh Younis is the leading figure closest to the French, who are believed to have made payments of an unknown amount to him. Younis has told others on the NLC that the French have promised they will provide military trainers and arms. So far the men and materiel have not made an appearance. Instead, a few “risk assessment analysts” wielding clipboards have come and gone. Jabril, Jalil and others are impatient. It is understood that France has clear economic interests at stake. Sarkozy’s occasional emissary, the intellectual self-promoter Bernard Henri-Levy, is considered by those in the NLC who have dealt with him as a semi-useful, semi joke figure. 2. Rumors swept the NLC upper echelon this week that Qaddafi may be dead or maybe not. 3. Qaddafi has nearly bottomless financial resources to continue indefinitely, according to the latest report we have received: On April 2, 2011 sources with access to advisors to Saif al-Islam Qaddafi stated in strictest confidence that while the freezing of Libya’s foreign bank accounts presents Muammar Qaddafi with serious challenges, his ability to equip and maintain his armed forces and intelligence services remains intact. According to sensitive information available to this these individuals, Qaddafi’s government holds 143 tons of gold, and a similar amount in silver. During late March, 2011 these stocks were moved to SABHA (south west in the direction of the Libyan border with Niger and Chad); taken from the vaults of the Libyan Central Bank in Tripoli. This gold was accumulated prior to the current rebellion and was intended to be used to establish a pan-African currency based on the Libyan golden Dinar. This plan was designed to provide , the Francophone African Countries with an alternative to the French franc (CFA). (Source Comment: According to knowledgeable individuals this quantity of gold and silver is valued at more than $7 billion. French intelligence officers discovered this plan shortly after the current rebellion began, and this was one of the factors that influenced President Nicolas UNCLASSIFIED U.S. Department of State Case No. F-2014-20439 Doc No. C05785522 Date: 01/07/2016 Sarkozy’s decision to commit France to the attack on Libya. According to these individuals Sarkozy’s plans are driven by the following issues: a.A desire to gain a greater share of Libya oil production, b. Increase French influence in North Africa, c.Improve his internal political situation in France, d. Provide the French military with an opportunity to reassert its position in the world, e.Address the concern of his advisors over Qaddafi’s long term plans to supplant France as the dominant power in,Francophone Africa. ) On the afternoon of April 1, an individual with access to the National Libyan Council (NLC) stated in private that senior officials of the NLC believe that the rebel military forces are beginning to show signs of improved discipline and fighting spirit under some of the new military commanders, including Colonel Khalifha Haftar, the former commander of the anti- Qaddafi forces in the Libyan National Army (LNA). According to these sources, units defecting from Qaddafi’s force are also taking a greater role in the fighting on behalf of the rebels.

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