domenica 8 ottobre 2017

Catalonia Indipendente?...Una voce a favore ...contro un coro di contrari...


L’imprenditore De Porrata:Una voce( imprenditore) indipendentista:“La repubblica catalana sarà la Danimarca del Sud. Se restiamo da soli avremo da guadagnare per il fisco e le infrastrutture".

INVIATO A BARCELLONA
«La repubblica ci conviene, saremo una Danimarca dell’Europa del Sud». Non tutte le imprese catalane vogliono scappare. L’esodo dei grandi non si ferma: e in vista di una dichiarazione d’indipendenza un altro colosso come Aiguas de Barcelona sposta la sua residenza fiscale a Madrid. Ma a ben guardare, ci sono tante ditte che restano e che, anzi aspettano con ottimismo una repubblica catalana. Ramir De Porrata Doria, lontane origini italiane, è il proprietario di Keonn, azienda che fornisce la tecnologia per le imprese che vogliono sviluppare il commercio online (tra i clienti ci sono Diesel e Moncler). De Porrata è indipendentista «de corazon», ma «anche de bolsillo»: pensa infatti che creare un nuovo Stato non sia solo giusto, ma anche conveniente...
 

Cosa ci guadagna la sua impresa con l’indipendenza?  
«In infrastrutture, fisco e competitività». 

Come?  
«I lavoratori della mia azienda che vengono in treno, con la rete spagnola, arrivano tardi due giorni su tre. Sono ore di lavoro perse. Le infrastrutture contano. Se per andare in Giappone io potessi partire da Barcellona, senza scali a Madrid, sarebbe un vantaggio. E poi abbandoneremo la politica industriale spagnola, che ci penalizza». 

È vittimismo?  
«Ma no. La Spagna ha come modello quella di sostenere i grandi oligopoli. Qui si preferisce aiutare le piccole e medie imprese». 

E il tema fiscale?  
«Paghiamo il 21% delle imposte spagnole, ricevendo il 9. La Spagna investe con logiche politiche. Risultato: miliardi spesi in stazioni con trenta passeggeri al giorno e aeroporti senza voli».  

I mercati temono l’incertezza.  
«I momenti importanti portano con sé un po’ di incertezza. Quando ho aperto l’azienda ho passato momenti di dubbio. La chiave sta nel far durare poco l’incertezza». 

La finanza non lascia scampo, gli imprenditori sono spaventati.  
«Quando la Spagna entrò nell’Ue molti avevano paura. Ma è stato un affare». 
A proposito, potete restare senza euro, non è una prospettiva catastrofica? 
«Non succederà mai. Un conto è l’Ue un altro è l’euro. Ci sono Paesi come Andorra, Montenegro e San Marino che hanno la moneta unica ma non fanno parte della Ue.  
Noi siamo già europei nessuno ci caccerà». 

Con la dichiarazione d’indipendenza siete fuori, dice la Commissione.  
«Se dichiarassimo l’indipendenza la Spagna la negherebbe, dirà che siamo parte del loro territorio, quindi dentro l’Ue. Passerà molto tempo prima che ci riconosceranno. Solo dopo una transizione saranno costretti a farlo». 

Nel frattempo nuove frontiere, non è anacronistico?  
«Non ci saranno frontiere: il 70% delle esportazioni spagnole passa da qui. Non conviene a nessuno». 

A molti sembra un’avventura, anche perché la Catalogna ha un debito pubblico altissimo.  
«Loro sono gli intestatari del debito. Quindi o ci sarà un negoziato, oppure se lo accolleranno per intero. Con tutti i rischi per la loro economia. Le banche gli imporranno di scendere a patti con noi».  

Tutti scappano, ci sarà un motivo?  
«Precisiamo: questi vanno dal notaio e cambiano la sede fiscale. Non spostano una filiale, un lavoratore, nemmeno uno sportello del bancomat. Pagheranno altrove le tasse, ma quelli sono soldi che raccoglie lo Stato». 

Torneranno?  
«Quando ci sarà la repubblica, se vorranno operare qui dovranno aprire una nuova sede. Sì, torneranno tutti». 

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