martedì 19 settembre 2017

Maurizio Blondet - Contro la pace in Siria, hanno creato le Brigate LGBT



    
Sembra essere l’ultima escogitazione dei competenti uffici di propaganda e sovversione Usa per continuare  ancora un po’ la guerra ad Assad. E non si sa se ridere o piangere. Ecco la notizia:
“Brigate internazionali di combattenti LGBT  in Siria  stanno unendo le forze con le milizie curde sostenute dall’Occidente onde ‘combattere contro l’ISIS” colpevole della persecuzione degli omosessuali”. Ovviamente   combatteranno anche contro il governo legittimo siriano, in quanto omofobo e fascista.
I media mainstream anglofoni stanno facendo sforzi sovrumani per accreditare come reale questa nuova milizia guerrigliera. Riportano che questa nuova formazione si chiama Queer Insurrection and Liberation Army(TQILA)  ed  è nata da una entità chiamata  International People’s Guerrilla Forces (IRPGF), che a sua volta è membro di un International Freedom Battalion, un gruppo di combattenti esteri che hanno attraversato il mondo per unirsi ai miliziani curdi dello YPG in Siria.  Li stanno aiutando non tanto a battere l’ISIS, quanto a creare lo stato anarco-comunista sognato dai combattenti curdi, la Rojava...


Fotti Daesh, sostieni Rojava!”.

Se andate a cercare  sul web la parola Royava, scoprite  che si definisce “una regione de facto autonoma della Siria del Nord, non riconosciuta da Damasco”: insomma l’ennesima  versione della  strategia israelo-americana di di smembrare la Siria per linee etniche,  togliendo al governo una striscia  lunga e stretta che oltretutto, guarda caso, corre a ridosso della frontiera della Turchia. La Turchia di Erdogan, ossia non più amica della NATO e  da disturbare con il ravvivare  ed armare il separatismo curdo.
Dal che si capisce che il Deep State (e la NATO che gli tiene bordone) non si  sono rassegnate alla sconfitta in Siria, e ritentano lo smembramento armando  nuovi attori; e che questi attori sono del tipo che  Erdogan  più teme e detesta :  i curdi del PKK, il partito comunista curdo, organizzazione superterroristica. La sola vera ferocissima forza, che ha provocato in Turchia, dall’84 al 2003, 30 mila morti in una guerriglia spietata. Per  Erdogan, un incubo.
Detto altrimenti: basta con Daesh,Al Qaeda, i jihadisti religiosi; ora la nuova creazione dei servizi occidentali è atea, anarco-comunista, “Né Dio né padroni”.
“Gli anarchici contro lo Stato Islamico”, titola esultante la rivista Rolling Stones: finalmente una causa a cui la “sinistra” pop e discotecara, ovviamente atea e progressista,  può identificarsi:  è un bel progresso davvero,  dal Corano alle brigate Finocchie.  Completa  di simboli, manifesti e parole d’ordine tanto tanto di sinistra.
Si veda per esempio il simbolo della entità madre delle LGBT Brigades, lo International People’s Guerrilla Forces:
Non vi balza il cuore nel petto, o  voi che avete nell’armadio la T shirt con Che Guevara?  Ha persino una voce su Wikipedia: da cui si apprende che questa forza rivoluzionaria è nata “il 31 marzo 2017” (quando si profilava la sconfitta dei “ribelli jihadisti” armati dall’Occidente  sotto i colpi russi, iraniani e di Hezbollah) ed ha come scopo “di difende la rivoluzione  sociale nella Royava di Siria settentrionale”, oltreché beninteso lottare  per “le rivoluzioni sociali in tutto il mondo, per l’anarchismo, l’anarco-femminismo  e l’anarchismo queer”.  Un vasto compito, universale. Per  intanto si limitano a  ritagliare dalla Siria la Royava.
Abbiamo visto che questo IPGF è una emanazione dello International Freedom Liberazion. Anche  questa ha un simbolo che riscalderà il cuore degli orfani di Fidel:
E Wikipedia è persino in italiano (chissà mai che qualche imbecille rosso nostrano ci caschi: la Cia è lì per arruolare  –  e infatti, come vedremo…)  da cui apprendiamo che si tratta di “un’unità militare costituita da combattenti stranieri che partecipano alla guerra civile siriana insieme alle Unità di Protezione Popolare contro l’invasione dello Stato Islamico[1][2][3]. Il gruppo è stato organizzato da membri del Partito Comunista Marxista-Leninista ispirandosi alle Brigate internazionali attive durante la guerra civile spagnola”.
Non è romantico? Che emozione, torna la guerra civile spagnola, il paradiso perduto dei nostalgici del  leninismo staliniano!


Un evocativo manifesto della propaganda per attrarre anarchici europei.

Se questo passaggio, dal sostegno americano al wahabismo all’anarco-leninismo vi pare strano, è che non sapete ancora qual è l’uomo nuovo  su cui la Cia (o il Pentagono?) puntano per ricominciare la guerrglia anti-Siria ed anti-Erdogan:
L’uomo nuovo è Abdullah Ocalan.
Il nome non dirà nulla ai più giovani. Solo noi vecchi lo ricordiamo: il  ricercatissimo capo-terrorista  del PKK, nel 1998, fu portato in Italia da Mosca da un deputato di Rifondazione Comunista, Ramon Mantovani, sicuro che il governo  di allora (D’Alema) gli avrebbe dato asilo politico. Non glielo diede: dopo due mesi,  Ocalan fu convinto ad andare in Kenia.
Qui è stato catturato nel 1999 da un’operazione  dei servizi turchi e del Mossad e rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Imrah, un’isola del Mar di Marmara. Il PKK, che quando era sotto la protezione sovietica aveva 10 mila combattenti  a tempo pieno e 70 mila riservisti  impegnati contro il regime turco che rispondeva con mano pesantissima (2 milioni di profughi interni cacciati da 3 mila villaggi) ,  si è smembrato e disperso.
Fino alle “primavere arabe”.  Perché allora, come ci racconta Thierry Meyssan , nel carcere di Imrah “in seguito a trattative segrete  con la NATO, Ocalan abbandona il marxismo leninismo e ricostruisce il PKK sulla base di una nuova ideologia, il municipalismo libertario”:  non più uno stato curdo, essendo lo stato in sé uno strumento di oppressione, ma la Royava, la regione autonoma autogestita anarchicamente.
Per Rolling Stones, Ocalan in galera  “ha letto saggi di anarchismo, femminismo ed ecologia, specialmente le opere di Murray Bookchin, un socialista libertario vicino a Bernie Sanders”( Bookchin è scomparso nel 2006).  Ciò ha fatto cambiare al capo PKK  di ideologia, in senso, diciamo così, più “americano”.  Del resto, in ciò,  molto simile alla evoluzione della nostra Rifondazione Comunista, che  da Ramon Mantovani e stalinismo si è evoluta in Niki Vendola, nell’eco-finocchismo   libertario e ci ha lasciato in eredità  la compagna Laura  Boldrini.  Senza nemmeno bisogno dell’imbeccata della CIA (o sì?).


Nè dio, né stato né califfato – Lotta armata contro tutte le forze della reazione” (un manifesto di propaganda)

Aggiungiamo che  nella Royava, ossia nel nord siriano,  hanno trovato rifugio migliaia di militanti del PKK costretti a fuggire dalla Turchia. Per questo, Ocalan s’era impegnato per iscritto  a non rivendicare mai territorio siriano, che generosamente aveva accolto e naturalizzato  i suoi.  Nel 2011, nei mesi della guerra degli occidentali (e jihadisti) contro Damasco, quei curdi hanno costituito milizie per difendere il governo.   Lo YPG.
“Solo che, il 31 ottobre 2014 – scrive Meyssan – uno dei due co-presidenti dello YPG, la branca siriana del  PKK, Salih Muslim, fu convocato in segreto all’Eliseo dal presidente Francois Hollande, al cui fianco stava il presidente turco Erdogan. I due promisero  a Muslim di  diventare capo di stato, se accettava di impegnarsi a ricreare il Kurdistan …in Siria”.
Immediatamente armati, addestrati, stipendiati e inquadrati dagli Stati Uniti (alias “la coalizione internazionale [che finge essere] anti-ISIS”)   gli ex militanti comunisti PKK ebbero tutta la buona  stampa che i media occidentali sono stati in grado di fornire: si ricorderanno i reportages  su Kobane, la cittadina siriana presa da Daesh e ripresa dai curdi in eroiche battaglie, dove si esaltavano le belle ed  emancipate miliziane siriane, libere, senza velo, fotogeniche,  quasi femministe.   I giornalisti internazionali poterono seguire  la contrastata avanzata  dei curdi  a Kobane, con l’appoggio della US Air Force, col binocolo dalla  vicina frontiera turca; Brett McGurk,  l’inviato speciale antiterrorismo di Obama, era sul posto ed era  il regista delle operazioni mediatiche;  in  quei mesi i  media hanno cominciato a ventilare la nascita di una Rojava libertaria, pacifista, ecologista, aperta alla  teoria del gender:  il felice contrario  del jihadismo fanatico e coranico.


A sinistra Brett mcGurk inviato di Obama tra i comunisti curdi.

La verità, dice Meyssan,  è che una volta armati, inquadrati e protetti dagli Usa, i miliziani dello YPPPG si sono dedicati, più che alla lotta contro Daesh,  all’espulsione degli altri abitanti siriani della regione che deve diventare la futura Rojava,  arabi ed assiri, procedendo alla pulizia  etnica della zona loro promessa.  Perché certo, una società libertaria ed anarchica ha da essere etnicamente pura.
Poi. Siccome lo YPG non è poi un esercito tanto numeroso (pare che parecchi curdi si rifiutino di partecipare a quel gioco contro la Siria)  “la Cia”  ha rimpolpato le sue forze, scrive Meyssan, “cominciando a reclutare anarchici  europei per brigate internazionali sul modello di quelle che  combatterono a Barcellona nel 1936. Così sono apparsi sul campo  il Battaglione Antifascista Internazionalista (Europa Centrale), la Brigata Bob Crow (inglesi e irlandesi), la Brigata Krasucki (francesi), la Fuercas internazionali e rivoluzionarie della guerriglia del Pueblo  (americhe), la  Unione rivoluzionaria per la solidarietà internazionale (greci)”,  e una miriade di gruppetti turchi di estrema sinistra.
Non saprei dire fino a che punto quelle brigate internazionali esistano sulla carta,   e quanto  invece siano numerose. Seth Harp, il giornalista dei Rolling Stones che ha scritto l’articolo sopra citato, e  dice di essere stato preso in consegna da gente del PKK fino alla zona d’operazione nella Rojava,  racconta di “averne incontrato una dozzina, per lo più tedeschi e  italiani, ma anche due americani, un inglese, un finlandese,  un basco e un tibetano cittadino di Hong Kong”, armati di kalashnikov ed impegnati in esercitazioni e in “corsi di anarco-femminismo”. Harp è rimasto particolarmente colpito da “Karim Franceschi, un italiano barbuto di 27 anni”, attratto qui nell’ottobre 2014 dalla “eroica difesa di Kobani  da parte dello YPG descritta dalla stampa internazionale”, e arrivato “con una coorte di comunisti italiani”.
Siano quante siano, fatto sta che  alle suddette brigate internazionali    si è congiunta adesso la Brigata LGBT,  meglio nota come The Queer Insurrection and Liberation Army  (TQUILA); affiliata allo  International Revolutionary People’s Guerrilla Forces  ( che è nata nel marzo 2017  ed è  già grande, almeno su Wikipedia),  l’armata  di liberazione dei Finocchi (Queer)   ha annunciato la sua nascita da Raqqa  il 24 luglio 2017: dove sostiene di stare avventandosi armi in pugno contro l’ISIS, per vendicare  gli omosessuali che i wahabiti hanno gettato  giù dai tetti,  ma ciò nel più ampio progetto  di liberazione mondiale. In un loro proclama proclamano: “Il nostro impegno alla lotta contro l’autorità, il patriarcato,  la eteronormatività oppressiva, l’omofobia, la trans fobia,  è rafforzato dalle  conquiste rivoluzionarie della lotta delle donne curde….E’ la  necessità e la volontà di rafforzare le conquiste della rivoluzione femminista contemporaneamente alla lotta dei Queer  ha motivato i compagni Queer dello IRPG di formare la TQUILA”.
Non ho commenti da fare. Riferisco  solo. Ammutolito dall’ammirazione degli uffici competenti del Deep State che, dopo aver creato e finanziato Al Qaeda e Stato Islamico per smembrare Siria e Irak, adesso hanno inventato allo stesso scopo brigate internazionali  filo-curde, anarco- comuniste, e stanno facendocele persino amare  a  forza di propaganda e reportages fotografici.
Solo un  piccolo dubbio: quando tornerà quella “coorte di comunisti italiani”  indurita ed addestrata alla guerra, che tipo di attentati terroristici farà? Anti-autoritario, antifascista, filo-LGBT. In ogni caso, progressisti, tipo Brigate Rosse.  Una bella soddisfazione.


(Karim Franceschi è il terzo da sinistra)

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